AMLETO E OFELIA La critica shakespeariana negli scritti di Nicolò d’Alfonso

 

Il 23 aprile 1616 moriva a Stratford-upon-Avon William Shakespeare, profondo conoscitore dell’animo umano, che con le sue opere affascinò scrittori, artisti e studiosi, influenzando profondamente la cultura europea. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento apparvero in Italia i primi studi shakespeariani di Nicolò d’Alfonso, filosofo, pedagogista e medico che, con acuto spirito di investigazione e grande sensibilità artistica, analizzò i drammi del Bardo attraverso una prospettiva innovativa, ponendo un’attenzione particolare sull’Amleto.

A quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare rivive nelle pagine del libro Amleto e Ofelia (anno 2016, 232 pagine, € 13,00 a cura di Francesco d’Alfonso) uno degli studi più interessanti del filosofo calabrese : «La critica shakespeariana – afferma Francesco d’Alfonso, curatore del volume – fu una costante delle pubblicazioni del filosofo Nicolò d’Alfonso. Shakespeare fu il fedele compagno di viaggio della sua vita e della sua carriera professionale. In lui scoprì “il psicologo, il fisiologo, il patologo”, il poeta che scrisse della natura umana in tutti i suoi aspetti e che intravide i vari tipi di personalità psicologiche».

Non si sa con precisione come il d’Alfonso si avvicinò alle opere di Shakespeare, forse grazie al suo mentore, Vincenzo Gallo-Arcuri, o più verosimilmente grazie al suo professore di letteratura dell’Università di Napoli, Francesco De Sanctis. Il dato certo è che i suoi studi segnarono una svolta decisiva all’interno della critica shakespeariana in Italia, riuscendo ad attirare anche l’attenzione internazionale.

«Il principio fondamentale di d’Alfonso è che i grandi poeti, conoscendo più profondamente, rispetto agli scienziati, la natura dell’uomo, hanno plasmato nelle loro opere e nei loro drammi alcuni personaggi che possono essere perfettamente assimilati ai tipi psicologici delineati dalla dottrina dei temperamenti. Lo studio dei temperamenti e la psicologia criminale – prosegue Francesco d’Alfonso – diventano dunque il modo nuovo e originale con cui Nicolò d’Alfonso affronta l’estetica».

È proprio all’Amleto che lo studioso calabrese dedicò il maggior numero di pubblicazioni, in quanto, secondo il filosofo, la natura psicologica del principe di Danimarca è senza dubbio la più complessa che “l’arte abbia potuto foggiare in tutti i tempi e che la storia abbia tradotto in atto”.

Ma dove sta la complessità e la particolarità di questo personaggio che suscitò così tanto interesse nel d’Alfonso?

«Amleto è egli stesso psicologo – afferma Francesco d’Alfonso nell’introduzione al libro –

un uomo che scruta l’animo di coloro che sono in rapporto con lui e, nello stesso tempo, indaga su se stesso, sul proprio pensiero, sui suoi sentimenti e sulla sua volontà. È un flemmatico e, allo stesso tempo, un anemico, temperamenti questi che si manifestano nel pallore del suo volto e in una costituzione fisica esile e debole, avendo dedicato la giovinezza allo studio e alla meditazione. Accanto a lui ecco Ofelia, che rappresenta in un primo tempo la speranza, successivamente la delusione d’amore, e infine la follia dolorosa».

Attraverso lo sguardo critico di Nicolò d’Alfonso emerge come l’Amleto non sia solo una sublime opera d’arte, ma anche una vera e propria opera filosofica che riesce a mettere in rilievo i due aspetti più importanti del mondo reale: “il bene e il male in lotta tra di loro, ma vi si fa anche vedere, nel campo delle attività psicologiche, il più alto bene che è l’intelligenza in opposizione all’oscuramento di essa che è la follia e la demenza” 

AMLETO E OFELIA

La critica shakespeariana negli scritti di Nicolò d’Alfonso

a cura di Francesco d’Alfonso

Postfazione di C. Bruna Mancini

Per i tipi di Città del Sole. In tutte le librerie italiane.

«Così in questo capolavoro dell’arte drammatica,

che è anche un’opera filosofica e di una grande comprensione quale è l’Amleto,

mentre si mettono in rilievo i due aspetti più importanti del mondo reale,

il bene ed il male in lotta fra di loro, vi si fa anche vedere,

nel campo delle attività psicologiche,

il più alto bene che è l’intelligenza in opposizione

all’oscuramento di essa che è la follia e la demenza»
Nicolò d’Alfonso

 

SINOSSI

Il 23 aprile 1616 moriva a Stratford-upon-Avon il sommo poeta William Shakespeare. Profondo conoscitore dell’animo umano, da sempre le sue opere hanno affascinato scrittori, artisti e studiosi, influenzando profondamente la cultura europea. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, mentre in Italia la critica shakespeariana languiva, appaiono gli studi di Nicolò d’Alfonso, filosofo, pedagogista e medico, che con acuto spirito di investigazione e grande sensibilità artistica, analizza i drammi del Bardo attraverso una prospettiva scientifica, psicologica e criminologica, ponendo l’attenzione principalmente sull’Amleto. Un approccio nuovo e originale che, al tempo, fece il giro del mondo, ma che ancora oggi, a quattrocento anni dalla morte di Shakespeare, è in grado di affascinare gli appassionati e i cultori del drammaturgo inglese.

Francesco d’Alfonso (Crotone, 1978) vive e lavora a Roma, presso l’Ufficio Comunicazioni Sociali del Vicariato. È stato ideatore e direttore artistico di progetti culturali e di rassegne di musica classica e arte contemporanea. Da anni si dedica allo studio del suo avo Nicolò d’Alfonso, filosofo, pedagogista e medico, a cui ha dedicato i saggi Nicolò d’Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente (Apollo, 2013) e L’onesto solitario. Vita e opere del filosofo Nicolò d’Alfonso (Città del Sole, 2015). È socio aderente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria.

 

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